Notte inquieta - Albrecht Goes

Notte inquieta, quella che sta affrontando l’umanità da tempo. Nel breve romanzo di Goes - pastore protestante come l’io narrante del libro - siamo alla fine del 1942, ma l’essere umano è sempre il medesimo ovunque e la sua inquietudine pure: “il male che tanto mi feriva [era] quella parte di noi, irrisolta, che non sappiamo dominare”.
La locanda di Proskurov, in Ucraina, è gremita di militari in trasferta, così il pastore venuto ad assistere un condannato a morte deve dividere la stanza con un capitano in partenza per il fronte di Stalingrado - la carneficina - che ha invitato la sua Melanie per l’ultima eterna notte insieme. In tre dividono pane e miele, un sorso di caffè vero: gesti di umanità. Gli amanti si appartano, il pastore studia l’incartamento del disertore, “capace di contenere tutto un uomo come lo sono le braccia di chi si ama”. All'alba il plotone d'esecuzione si metterà in marcia, l'aereo del capitano decollerà per Stalingrado, un nuovo giorno che annuncia una condanna senza appello.
Eppure. La parola, qui, è salvezza e garantisce giustizia assoluta. La capacità di accogliere, di partecipare all’altro è antidoto contro la barbarie. Rimanere umani si deve e si può. Dalla notte buia, dall’alba disperata emerge, dolorosa ma sicura, la poesia della vita.

Paola