Rombo - Esther Kinksky

6 maggio 1976, ore 20:59. La terra trema, il Friuli che crolla: quasi mille morti, oltre quarantacinquemila senza casa.
Lo hanno sentito in tanti il rombo, il suono forte e profondo che precede di poco un terremoto.
Rombo, il potente e originalissimo romanzo di Esther Kinsky, parte proprio dal sussurro della natura che corre sotto le colline del Tagliamento. Le molte prospettive da cui l'autrice assembla il trauma e la memoria della distruzione come in un mosaico, appartengono soprattutto alle pietre, alle piante e agli animali e le figure umane si fondono con il paesaggio, che diventa il vero protagonista del romanzo: sono un elleboro o un silvano dei ruscelli o la pietra carsica delle Alpi Carniche a farla da padroni.

Il libro è diviso in sette capitoli, perché sette sono gli abitanti di un villaggio di montagna che raccontano le loro vite sgretolate dal terremoto come le loro case. Dall'esperienza condivisa di paura e perdita, i fili della memoria individuale si dipanano presto e diventano narrazioni ossessionanti e toccanti di un dolore profondo e antico. Emerge un coro polifonico di elementi differenti, una grande narrazione in frammenti su un mondo che è irrimediabilmente crollato in un solo giorno, ma che grazie al racconto non andrà perduto.

Il Memoriale conclusivo racconta della ricostruzione della cattedrale di Venzone, distrutta e ricostruita con i frammenti che si sono salvati in modo che e ogni intervento rimanga visibile, memoria della distruzione che ha preceduto la ricostruzione. Non è in fondo l’esercizio della memoria, il senso di questo grandioso romanzo?