Questo non è un racconto - Leonardo Sciascia

Ci sono autori che, vuoi per la loro capacità narrativa,
vuoi per il periodo in cui hanno vissuto o il contesto geografico in cui sono cresciuti,
possiedono, già solo per il nome, una forza persuasiva talmente forte da poterla considerare quasi assoluta.
Pierpaolo, Primo, Leonardo, giusto per citare i primi che mi sovvengono senza sforzo.



Qualsiasi loro scritto ha il potere di convincermi nel breve tempo che intercorre
tra il titolo e la prima riga. So già in partenza che il libro che ho in mano
mi piacerà e che, anche se non dovesse piacermi o non dovessi capirlo,
mi darà da riflettere nei giorni e talvolta negli anni successivi.



Con questo spirito mi sono accostata a Questo non è un racconto di Leonardo Sciascia, pubblicato qualche settimana fa da Adelphi e andato esaurito già durante il lancio a dicembre.
Si potrebbe pensare che il mio giudizio sia influenzato da aspetti soggettivi che affondano le radici nelle letture giovanili: può darsi.
Ma anche in questi scritti Sciascia, come tutti coloro che sanno e proprio per questo non possono parlare troppo, si limita a gettare qui e lì delle suggestioni, delle bricioline a segnare vagamente una direzione, a mostrare senza indicare.



Sta infatti al lettore trovare la gamma di declinazioni e i relativi impieghi, se non vuole che il racconto rimanga solo un bel racconto.
Sciascia sa bene che a parlar troppo si rischia di ridurre il senso alla circostanza descritta, a scapito di tutte le possibilità altre a cui si potrebbero - e dovrebbero - riferire.
Sa bene che gli scritti di denuncia civile, se non sono seguiti da un cambio di passo nella coscienza delle collettività, sono duraturi come il brivido dell'indignazione.



E quindi la Mafia non è solo i mafiosi, ma piuttosto una forma di pensiero e un modo di operare che non sono prerogativa dei gangster ma di certe collettività.
La verità è segreta, ha detto qualcuno.
E io, nel mio piccolo, ci credo.

Elisabetta